Mi è capitato di frequente di osservare, in quanto terapeuta, come le sofferenze e i traumi irrisolti dei genitori prendano forma attraverso i sintomi dei figli. Lungi da me puntare il dito contro mamma e papà, ma ritengo che sia importante rendersi conto che un vissuto che ha segnato un genitore nel corso della sua vita e che non è ancora stato rielaborato, si può riflettere nelle relazioni più importanti di questa persona e in primis nella relazione con i figli.
Cosa significa questo?! Che talvolta i bambini o i ragazzi presentano sintomi quali ad. es. ansia, paure eccessive o difficoltà nella gestione delle relazioni o delle emozioni, che hanno preso forma all’interno della relazione con i genitori. Osservando e ascoltando la storia di vita e familiare di sua madre e suo padre può succedere che vengano a galla traumi, lutti precoci, trascuratezze o abusi che hanno profondamente segnato il loro cammino, addirittura si potrebbe dover risalire alla prima infanzia o ad eventi che hanno coinvolto i nonni e non loro in prima persona.
Quell’antica paura che sembra chiusa in un cassetto della memoria, in realtà influisce ancora sui comportamenti e i vissuti di questo genitore, che specialmente nei momenti di stress può rispondere in modo inadeguato ai comportamenti dei figli o del partner, lasciando emergere paure o vissuti di rabbia apparentemente immotivati o sproporzionati rispetto alla situazione.
Questo non significa che il genitore traumatizzato non sia in grado di sintonizzarsi sui bisogni e le emozioni dei propri figli, ma che questo vissuto non rielaborato potrebbe renderlo più fragile rispetto ad alcune tematiche e non consentirgli di gestire e affrontare con serenità ed equilibrio alcuni aspetti della vita.
Diversi studi e l’evidenza clinica sono concordi sul fatto che i traumi possano essere trasmessi da una generazione all’altra, di padre in figlio come si suol dire, non ultimo uno studio sui topi dell’Università di Zurigo pubblicato su “Nature Neuroscience” spiega come “le esperienze traumatiche influenzano il metabolismo a lungo termine e che i cambiamenti indotti sono ereditari, che gli effetti del trauma ereditato sul metabolismo e i comportamenti psicologici persistono fino alla terza generazione”. Sembra quindi che i condizionamenti ambientali lascino tracce nel cervello, negli organi e nei gameti, e attraverso i gameti queste tracce vengono trasmesse alla generazione successiva.
Questi studi sono stati condotti sui topi, ma si ritiene che un meccanismo simile si possa presentare anche nell’uomo.
Questo non implica affatto che si sia impotenti di fronte a questa catena di trasmissione del dolore. Si è visto infatti che un lavoro sul trauma ad es. con l’utilizzo della tecnica dell’EMDR può essere molto efficace nel rimarginare queste ferite e farle guarire correttamente, in modo che non abbiano più un’influenza negativa su di noi e nelle nostre relazioni.
Come interrompere quindi questa catena? Può essere molto utile guardare con attenzione alla propria storia e evidenziare gli eventi potenzialmente traumatici e negativi, in modo da poter finalmente attribuire loro il giusto significato e se dovessero risultare ancora troppo dolorosi è importante lavorarci con un professionista per rielaborarli e lasciarli finalmente nel passato.
Dott.ssa Giulia Giampellegrini- Psicoterapeuta